Programmare e gestire una newsletter, la top 10 dei consigli di GetResponse

L’email marketing non è morto, ma può essere un’arma a doppio taglio o uno scoglio pronto a far naufragare la propria azienda se non si applica una corretta strategia di gestione, misurazione e qualità dei messaggi. Con un volume che potrebbe toccare i 5 miliardi entro il 2024, gli scambi attraverso la posta elettronica saranno uno dei canali più potenti per comunicare con il proprio target. Per questo la piattaforma di software marketing, tra le più diffuse al mondo nel settore della marketing automation, ha pensato a una guida di buone pratiche per realizzare campagne efficaci per una newsletter a prova di ogni utente.

Ogni giorno vengono scambiate più di 319 miliardi di email, da oltre 4,03 miliardi di persone nel mondo. Complice anche la pandemia, che ha cambiato inevitabilmente le abitudini di molte persone, il numero dei messaggi di posta sembra destinato a crescere fino a 4,48 miliardi entro il 2024. Non a caso, la facilità con cui si possono spedire email ha portato inevitabilmente, nel panorama attuale, all’invio massiccio e indiscriminato di una grande quantità di posta. Se con l’avvento dei social media le previsioni più audaci sembravano dare per spacciato l’email marketing, molte delle attuali statistiche dimostrano che, in realtà, non è affatto così, e i numeri sopra citati ne sono una conferma. L’email, infatti, è un canale potente con una portata senza pari per coloro che sanno come usarlo correttamente e con un ROI senza precedenti: ancora oggi, l’87% dei marketer B2B utilizza la posta elettronica come canale di distribuzione di newsletter e DEM o semplicemente per diffondere nuovi articoli o post sul blog.

Ma sono davvero tutte comunicazioni cruciali, che dovevano necessariamente essere recapitate ai destinatari?

Secondo GetResponse piattaforma di marketing online con oltre 20 anni di esperienza nel settore, l’alta intensità con cui mandiamo e riceviamo email ha gettato non poche ombre sull’efficacia degli strumenti che spesso utilizzano le aziende per l’email marketing e, soprattutto, sul valore dei contenuti prodotti. Tra i parametri che spengono la curiosità di aprire o non aprire una mail, però, che si tratti di una newsletter o di una DEM, ce ne sono molti altri da considerare per costruire una efficace campagna di email marketing: dalla scelta dell’oggetto al tempo di invio, fino al tipo di layout e alla segmentazione delle liste, GetResponse ha realizzato una guida che raccoglie le best practice da seguire per distinguersi da molte strategie approssimate e costruire una campagna di email marketing anti-spam.

Newsletter, la top 10 dei consigli per gestire e costruire una strategia di email marketing efficace

L’invio di una newsletter è, ad oggi, una delle strategie più utilizzate per acquisire nuovi lead in grado di portare un incremento dei contatti di oltre il 100%: vale a dire quattro volte superiore rispetto ad altri tipi di strategie di marketing. Ma creare e programmare una newsletter non è così facile come sembra, poiché sono molti i punti da tenere in considerazione per far sì che il destinatario scelga di aprire proprio quel messaggio e  decida di farlo anche in seguito, nel tempo. L’email marketing, infatti, può essere uno strumento di comunicazione davvero efficace, purché il contenuto delle email sia originale, utile e soprattutto di valore: non è un caso, infatti, che oltre il 68% dei brand che la utilizzano impieghi anche un’intera settimana a creare un’unica email. Ma non basta pensare solo al contenuto.

Ecco una lista delle 10 best practice suggerite da GetResponse per pianificare e gestire al meglio la newsletter, nei diversi passaggi che compongono tutta la campagna di email marketing:

  1. Il test del campanello: la scelta del nome. Si può immaginare l’arrivo di un’email come il suono del campanello alla porta di casa. La risposta alla domanda “Chi è?” spinge ad aprire, oppure no. Allo stesso modo, il nome indicato nel campo “Mittente” o “Da” in una email è cruciale per il tasso di apertura. Il mittente, infatti, qualifica chi ha inviato il messaggio e dichiara a chi appartiene la comunicazione. Per questo motivo, è necessario che sia riconoscibile e non generico, curato nella forma e senza errori ortografici. Deve inoltre avere un’identità chiara, magari utilizzando un nome di persona, collegato all’azienda.

“È importante sapere che gli ISP, ovvero Internet Service Providers, verificano immediatamente il dominio del mittente. Pertanto, consigliamo vivamente di utilizzare sempre un dominio aziendale, invece degli indirizzi di freemailer, come Gmail. È inoltre buona norma utilizzare un dominio riconoscibile nei mittenti, i cosiddetti “from field”, come tuo_nome@dominioazienda.it o qualcosa di generico, come community@dominioazienda.it. Ti consigliamo inoltre di non cambiare il tuo indirizzo troppo spesso e di utilizzarne sempre uno affidabile e adatto alle finalità della tua newsletter. Qualcosa che molte aziende tendono a dimenticare è l’utilizzo di un indirizzo e-mail “rispondi a” (reply-to). Utilizzare un indirizzo di non-reply è una cattiva pratica che potrebbe costare a un’azienda seria la sua reputazione” spiega Peter Gzela, Regional Marketing Lead EMEA di GetResponse.

  • Anche l’oggetto ha bisogno di celebrità. L’oggetto delle email ne anticipa il contenuto. Al crescere del numero di messaggi che riceviamo quotidianamente nella casella di posta, cresce l’impatto dell’oggetto nel determinare il successo delle email. Mettendo da parte chi apre tutte le email, il destinatario generalmente vede solo tre cose prima di decidere di aprire o ignorare il messaggio: nome del mittente, oggetto, preheader. Ma dato che l’oggetto è molto più lungo del nome del mittente e del preheader, è colui che gioca un ruolo importante nel successo di una email. Un buon oggetto deve saper anticipare il contenuto dell’email e trasferire il “profumo dell’informazione”

senza rimanere generico e quindi poco rilevante, incuriosendo invece ad aprire la busta. Il segreto è quello di cercare di trovare le parole adatte per anticipare quello che si vuole comunicare nell’email, giocando con la creatività. Sulla lunghezza dell’oggetto, invece, sembra che sia i tassi di apertura che i CTR (Click-through Rate) aumentano al crescere del numero di caratteri. I testi degli oggetti con le performance migliori hanno quindi tra 241 e 250 caratteri.

  • Il preheader, questo sconosciuto. Il preheader, assieme al nome del mittente e all’oggetto, è una delle prime cose che salta all’occhio del lettore. È vero, alcuni di loro apriranno le email solo per l’oggetto, mentre altri solo per il nome del mittente. Ma il preheader non gioca per niente in panchina, anzi: nelle campagne in cui l’oggetto è breve, è proprio il preheader l’elemento che si fa notare di più. Infatti, può chiarire l’oggetto e aggiungere quel non-so-che in più che fa aprire le email. Secondo la ricerca di GetResponse, in Italia i messaggi con preheader hanno tassi di apertura media attorno al 26,2%, mentre quelli che rinunciano al preheader registrano tassi attorno al 21,76%. Eppure, solo l’11% delle email inviate ha un preheader.

“Anche il design e la lunghezza dell’e-mail sono aspetti importanti, che fanno sicuramente la differenza. Tieni presente che diversi provider di servizi di posta elettronica consentono un limite di caratteri diverso, che potrebbe causare effetti spiacevoli, se lo ignori. L’uso di una CTA nel preheader è una buona pratica, soprattutto quando la usi per completare quanto hai riportato nell’oggetto dell’email e per dare una priorità più alta al tuo messaggio. Evita pratiche di spamming, come troppi emoji o troppe lettere maiuscole. Ricorda che il tuo obiettivo è far sì che i tuoi destinatari desiderino aprire la tua newsletter e semplicemente riempire uno spazio vuoto che trovi nell’editor della newsletter” continuaGzela.

  • Anche il colpo d’occhio vuole la sua parte. Per chi non conosce la “teoria del pesce rosso”, si tratta di una delle leggende più fortunate sui meccanismi dell’attenzione umana. Riassumendo in poche righe: la narrazione vuole che se nel 2000 eravamo capaci di restare concentrati per ben 12 secondi, questo timing vent’anni dopo è drasticamente sceso a soli 8 secondi. Il pesce rosso, prima e dopo l’avvento di Internet, ha invece mantenuto costante il suo personale record di 9,2 secondi. Questo per dire che per rendere le email efficaci, è necessario comunicare in modo immediato: strutturare il contenuto in modo da renderlo facile sia da leggere, che da capire, mettere al primo posto il messaggio principale e stringere un patto con i punti elenco. E poi esercitarsi nei titoli accattivanti, stilare delle liste, dividere i paragrafi, ma includendo i grassetti. Insomma, formattare nel migliore dei modi il testo per incoraggiarne la lettura. Riuscire in questa semplice impresa significa  vedere il segno più nelle metriche, specialmente per i tassi di click e di apertura.
  • È solo una questione di click. Il contenuto dell’email è naturalmente l’aspetto più importante. La regola di base va nella direzione di dare informazioni, promozioni e messaggi rilevanti per il lettore: solo questo permette di ottenere buoni risultati con l’email marketing. Cosa c’è quindi di speciale nelle email degne di click? Sicuramente il testo, che deve seguire alcune importanti raccomandazioni, tra cui: la cura per i titoli, le anteprime e le immagini: sembra che le immagini funzionino meglio, in termini di tassi di apertura e di CTR medi, del 2,68% rispetto all’1,56% di una email senza immagini presenti; il tono coerente con il resto della comunicazione; evitare sarcasmo o forme che diventano comprensibili solo in un determinato contesto e prestare molta attenzione agli errori di ortografia e all’uso di parole tipiche dei messaggi spazzatura come “free”, “gratis”, “offerta”, “urgente” o “vincitore”. Questi elementi, in particolare, allertano i sistemi anti-spam e portano le email nella posta non desiderata.
  • Il test prima dell’invio. Prima dell’invio, è sempre meglio eseguire un test con una lista di prova. A chi non è capitato di ricevere una email con un oggetto incomprensibile, o peggio con un “Ciao Micaela” quando hai sempre saputo di chiamarti Giovanni. Questi errori possono essere tranquillamente evitati con un test, così da verificare che la visualizzazione sia corretta nei principali editor di posta, che non ci siano errori di ortografia e che i link contenuti dell’email siano funzionanti e traccianti. Successivamente, è molto utile fare un A/B test, cioè sottoporre due o più differenti versioni della stessa email a un campione di destinatari e verificare quale variante risulta più efficace in termini di aperture, click, conversioni e coinvolgimento.
  • Usa uno strumento di email marketing. Spesso i marketer inviano i messaggi dalle proprie email con il dominio aziendale, usando strumenti come Outlook o Apple Mail. Se la strategia decolla all’inizio, la probabilità però che resti per aria è alta: gli iscritti interessati in un primo momento, iniziano via via a non interagire più con i contenuti e con le offerte. E non perché questi non siano validi, ma perché non è efficace il modo in cui vengono comunicati. Inoltre, gli strumenti di email marketing permettono di costruire e gestire un funnel coerente con una strategia che parte da un obiettivo chiaro e parla a una audience selezionata, appunto, attraverso una mailing list mirata che convoglia il traffico su una pagina dedicata. Poi occorrerà curare un lead magnet,  un incentivo che attira l’attenzione del pubblico e lo convince, insieme ad altri elementi persuasivi, ad andare avanti, così da tenere vivo il rapporto con gli utenti iscritti anche dopo la loro iscrizione. Potrebbe essere semplice perdersi per strada, ma proprio per questo il funnel aiuta a usare i canali in modo più strategico, a tenere traccia degli obiettivi e a massimizzare i tassi di conversione.

“La scelta di strumenti di email marketing come GetResponse aiuta i marketer o i manager della comunicazione in tanti aspetti. In primo luogo, ti aiutano a rendere le tue e-mail professionali su tutti i dispositivi (anche mobile). Inoltre, ti consentono di tenere traccia delle performance delle campagne e avere accesso alle statistiche necessarie in un unico posto, così che tu possa capire quale contenuto è più interessante per il tuo pubblico. Questi strumenti ti supportano in un altro modo: puoi utilizzare i dati raccolti per svolgere ulteriori attività di marketing, come la segmentazione dei clienti attivi o più alto spendenti, la creazione di una campagna di riattivazione per i lead dormienti o l’invio automatico di messaggi di benvenuto ai nuovi iscritti alla tua mailing list. Il vantaggio probabilmente più importante di un software di email marketing è quello che non puoi vedere ovvero la reputazione del mittente. Strumenti come GetResponse ti offrono indirizzi IP condivisi o addirittura dedicati che garantiscono un tasso di consegna superiore alla media, il che significa che le tue email finiscono nella cartella della posta in arrivo, e non in quella dello spam”, continua Peter Gzela, Regional Marketing Lead EMEA di GetResponse.

  • Dimmi quando, quando, quando. A concorrere al successo di una campagna esistono una molteplicità di fattori, tra cui il momento dell’invio. È importante però prendere coscienza del fatto che non è possibile stabilire un orario o un giorno migliore per l’invio: ci si può affidare ai grandi numeri, alle medie, a studi o ad analisi che restituiscono tendenze e panoramiche sulle abitudini dei destinatari, ma è necessario anche dotarsi di cautele e relatività. Secondo l’ultimo studio di GetResponse, nei Paesi dell’Europa Centrale i tassi di apertura toccano il loro picco, di circa il 26.13%, tra le 10 e le 12 del mattino, mentre il giorno migliore per inviare le email sembra sia il lunedì. In realtà il momento migliore per inviare newsletter varia molto a seconda dei settori e del pubblico: visto che la differenza tra un giorno della settimana e l’altro non è molta, si deve scegliere quello che funziona meglio per la propria azienda e per la propria audience. La pratica migliore è quella di inviare i messaggi di posta utilizzando un algoritmo di ottimizzazione del tempo di invio, come ad esempio GetResponse Perfect Timing. Questi strumenti regolano automaticamente il tempo di invio per ogni singolo abbonato, in base al loro comportamento precedente. Per quanto riguarda la frequenza, invece, lo studio di GetResponse riporta che inviare solo una newsletter a settimana può far ottenere i più alti tassi medi di apertura e click-through, rispetto a chi ne invia due, che porta a un tasso di apertura del 19.5% e a chi ne invia tre, 9.26%, mentre solo il 5.39% e il 3.93% invia rispettivamente quattro e cinque email. In sostanza, per capire qual è la frequenza giusta per inviare delle newsletter è importante valutare l’azione svolta dall’utente: qualche abbandono non fa la differenza, mentre la situazione diventa preoccupante se tante persone iniziano a lasciare il database all’ennesimo invio: in questo caso, forse il numero di email inviate è sicuramente troppo.
  • Email di benvenuto e thank you page: la prima impressione conta. Secondo gli ultimi dati analizzati da GetResponse, i tassi medi di apertura in Italia superano il 30%, mentre quelli di click-through sono intorno al 3.3%. Come primo consiglio è importante ricordare sempre che quando viene inviata una email di benvenuto a nuovi iscritti e nuovi clienti, è sempre la persona stessa (o il suo brand) a presentarsi e parlare. Per questo se la prima impressione non risulta essere positiva, tanti cari saluti: l’utente potrebbe cliccare direttamente sul pulsante di annullamento dell’iscrizione. Un consiglio molto utile è quello di ringraziare il nuovo subscriber o la tua nuova subscriber per aver aderito alla mailing list e di offrire un incentivo promesso nel modulo di iscrizione, che sia un white paper, un coupon sconto o un prodotto in omaggio.Questi “trucchetti” non solo aggiungono qualità umana alla comunicazione, ma creano anche i presupposti per una futura fedeltà. E così come  la mail di benvenuto, anche la thank you page sostiene attivamente la strategia di email marketing.
  1. Conoscere le metriche e saperle leggere. Tre consigli per misurare al meglio una campagna? Conoscere le sigle di tutte le metriche chiave, sapere per cosa si distinguono, ripeterle ad alta voce. Conoscere a menadito le specificità delle metriche vuol dire saperle leggere e interpretare, il che vuol dire scoprire se la campagna di email marketing che si è strutturato ha raggiunto o meno gli obiettivi iniziali, senza cadere nel cliché che il tasso di apertura sia l’unico parametro importante. È sicuramente un dato rilevante, poiché in Italia il tasso medio di email aperte sul totale di quelle inviate o effettivamente recapitate è pari al 31,3% (la media globale è pari al 22%). Ma l’open rate da solo non rileva se le campagne siano state realmente efficaci. Tra le metriche da tener conto quando si esegue l’analisi delle campagne email, si trovano sicuramente l’email open rate, il click through rate, il bounce rate, l’unsubscribe rate, lo spam complaint rate, il click-to-open-rate, il delivery rate, il revenue per subscriber, il deliverability rate e il vanity and actionable metrics.

“Un’altra buona pratica, forse la più importante, è accogliere le metriche negative e usarle come curva di apprendimento per cercare di ottenere risultati migliori. Le percentuali di annullamento dell’iscrizione, le percentuali di apertura o di clic basse, la durata media delle sessioni dopo un clic sono tutte storie che possono aprirti gli occhi, se sei disposto a leggerle attentamente. E sapere come reagire a queste metriche significa utilizzare la funzione di A/B test come strumento di pratica quotidiana per capire cosa funziona e cosa è un NO-GO. Detto questo, non esiste una ricetta segreta per l’email marketing di successo, e se ci pensi, alla fine questo è una benedizione. Significa che ogni azienda, ogni pubblico di destinazione e ogni step di vendita segue le proprie regole ed è quindi tutto nelle tue mani! Sperimenta per trovare la giusta leva che funzioni per te e strumenti come GetResponse tornano utili proprio per scoprirlo”, conclude Gzela.

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