Un interessante articolo preso dalla Repubblica che spiega come in soli 2 mesi abbiamo fatto un balzo in avanti di tre anni.
Parliamo di e-commerce, gli acquisti online.
Nel 2020 finora si sono registrati due milioni di nuovi consumatori, gente che non aveva mai comprato nulla in rete e finalmente lo ha fatto; nello stesso periodo dello scorso anno erano stati 700 mila.
Il totale degli italiani che comprano online arriva così a sfiorare i 30 milioni. La spiegazione è ovviamente il coronavirus: bloccati in casa con i negozi chiusi, non avevamo alternative. Epperò il dato complessivo cela il lato più interessante del fenomeno.
Infatti l’aumento di utenti è coinciso anche con un momento probabilmente irripetibile: non mi riferisco alla pandemia, che invece, lo abbiamo capito, prima o poi tornerà; ma ai ritardi di Amazon.
Dopo averci abituato alle consegne in un giorno e poi a quelle in giornata, durante il lock down molti articoli di Amazon avevano tempi di consegna di due o tre settimane. In parte perché le scorte di magazzino erano finite e in parte perché le condizioni di lavoro sono state complicate. Il boom di cui parliamo insomma non dipende tanto da Amazon ma da un altro tipo di ecommerce: l’ecommerce di quartiere, a chilometro zero.
E’ un commercio elettronico di prossimità fatto da negozi, bar, ristoranti e gelaterie per i propri clienti affezionati; spesso promosso utilizzando whatsapp; e con consegne personalizzate.
Evidentemente si tratta di qualcosa di emergenziale, fatto per sentirsi attivi, per far girare la cassa e continuare a pagare i dipendenti: non è un nuovo modello di business.
Ma quello che resta è la nuova disponibilità di molti commercianti a considerare finalmente anche il canale digitale per promuoversi e vendere, e la nostra maggiore confidenza nel comprare online. Il fatto che questa cosa sia avvenuta prevalentemente a chilometro zero e per piccoli esercizi commerciali potrebbe cambiare il corso della sfida fra botteghe artigiane e supermercati. C’è il rischio che vinca la qualità.