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Da alcuni mesi leggiamo che molti settori compreso quello pubblicitario, sono in crisi a causa dell’emergenza coronavirus. Piccoli e grandi brand sono stati costretti a rivedere e, in alcuni casi a stravolgere, la propria strategia di marketing, riallocando i budget, riducendo gli investimenti o modificando la propria comunicazione. Alcuni settori sono stati più colpiti di altri come, ad esempio, l’abbigliamento over 16. Oggi affrontiamo questa tematica di cambiamento con Luigi Sciolti, uno dei volti più rilevanti nel panorama dell’advertising per ecommerce e consulente Web Marketing Google Premier Partner.
Sappiamo che alcuni settori hanno avuto un boom di ricerche e di conversioni nonostante il lockdown. Raccontaci cosa hai vissuto con i tuoi clienti e soprattutto se hai notato forti cambiamenti tra la fase uno e la fase due del lockdown.
Questa situazione ha portato fin dalle prime settimane di lockdown grande scompiglio tra gli imprenditori con un innegabile calo delle vendite da fine febbraio fino ai primi di aprile.
Si tratta di un dato generalizzabile ma non assoluto.
Alcune aziende sono state costrette a spegnere le campagne. Il settore più penalizzato è stato quello turistico a cui segue quello degli eventi. In entrambi i casi la ripresa sarà dura e lenta.
Altre aziende a fronte di un forte aumento del costo di conversione hanno deciso di interrompere quasi tutte le campagne. In particolare, un mio cliente del settore degli accessori automotive ha scelto di fermarsi. Del resto chi compra accessori per auto in un momento in cui l’auto non si tira fuori nemmeno dal garage?
La strategia scelta è stata quella di tenere vive esclusivamente le campagne di branding a protezione del marchio per avere un dato analitico costante. Inoltre, abbiamo lasciato attiva almeno una campagna di remarketing per non abbandonare la speranza che qualcuno tornasse sul sito a comprare. Quest’azienda sta ripartendo solo ora, in fase tre.
Prova a immaginare cosa significhi chiamare degli operai per installare un bagno durante un lockdown. Così DeghiShop arredo casa forte su campagne come “arredo bagno” ha deciso di sospenderle in favore di campagne che l’anno precedente erano meno forti.
Ci siamo infatti accorti che durante la prima fase di lockdown tra i prodotti più cercati per alcune settimane ci sono stati: vasi per piantare, tavoli da giardino, salotti in legno da giardino e addirittura tappeti elastici, così abbiamo potenziato il settore “arredo giardino”, le cui vendite sono esplose a inizio aprile.
Visto il periodo anziché sponsorizzare le categorie che non convertivano come, ad esempio, l’arredo bagno, abbiamo fatto campagne indirizzate ai contenuti del magazine per intercettare ricerche upper-funnel (ovvero la fase di consapevolezza di soddisfazione di un bisogno con un prodotto o servizio) come, ad esempio “come arredare casa”, tra l’altro a CPC estremamente bassi. Questo ci ha permesso di intercettare gli utenti che cercavano questa keyword informazionale con attività di remarketing sui social.
Segnalo anche che ad aprile un discreto successo lo ha avuto il fai da te assieme a videogame e giochi da tavola. L’immagine qui sotto mostra l’andamento delle entrate e il tasso di conversione di un cliente del settore giochi e divertimento che è cresciuto del 94,58% in un mese fatturando il 500% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche il valore degli ordini, per questo cliente, è aumentato.
Il settore Adult che seguo da anni ha visto più del doppio delle vendite rispetto al periodo pre-covid.
In generale, il carrello medio si è ridotto in maniera sensibile nella fase uno.
La fase due, invece, ha mostrato un cambio di rotta: tutti i settori esplosi durante la fase uno hanno avuto un forte calo ma hanno pur sempre mantenuto il 30% di crescita rispetto al periodo precedente il lockdown. Questo probabilmente ci spinge a dire che le persone hanno ripreso ad uscire o che hanno spostato il loro focus su altri articoli.
Più persone che non avevano mai fatto acquisti online hanno cominciato a comprare durante il lockdown. Molte di queste continuano e continueranno a comprare ancora online se hanno avuto un’esperienza positiva.
Durante il lockdown hai notato che l’esperienza online dell’utente già abituato a navigare sia cambiata? Hai notato che alcuni canali influenzavano l’acquisto più di altri?
Sicuramente i tempi di permanenza sono aumentati laddove la motivazione all’acquisto era forte. Non ho notato che l’esperienza dell’utente già abituato a navigare fosse cambiata. Però il funnel di conversione considerava più canali rispetto a prima. Con mia grande sorpresa il profilo Pinterest di clienti del food specializzato e dell’arredo convertivano molto di più che pagine ottimizzate; così assieme ai clienti abbiamo programmato delle sponsorizzate associate a questo canale.
E il settore Adult è andato fortissimo anche su Instagram!
I nuovi utenti ecommerce che hanno fatto la loro prima esperienza d’acquisto online, hanno comprato sulla base di:
- presenza servizio assistenza cliente tramite telefono/social network o chat box dove hanno potuto anche confrontarsi con un essere umano
- tempi di consegna chiari
- pagamento alla consegna (il contrassegno è stato il metodo di pagamento preferito dai nuovi utenti)
- possibilità di fare il reso in maniera chiara senza spese di spedizione
Invece, tutti quegli ecommerce con tempi lunghi di caricamento delle pagine, spiegazioni non sufficienti del prodotto e che richiedevano un complicato processo d’acquisto sono stati commentati negativamente da chi ha acquistato.
Si è parlato molto dell’inadeguatezza della logistica durante il lockdown, soprattutto nel settore food. Quanto ha impattato la logistica sul processo di acquisto?
Sicuramente il tema della logistica è stato nell’occhio del ciclone. Infatti, un cliente che è esploso a poco tempo dal suo lancio di ecommerce sul mercato, ci ha chiesto di frenare le campagne perché non era in grado preparare e consegnare i pacchi rapidamente. Si tratta di una farmacia con oltre 40mila prodotti a catalogo, il cui ecommerce è stato avviato poche settimane prima della pandemia. Con il lockdown si è passati da 30 a oltre 100 acquisti con lo stesso investimento di budget.
E’ stato incredibile vedere che pur abbassando il CPC sino ad arrivare a 0,01€ a clic, gli ordini aumentassero costantemente. Ci sono state giornate con ROAS incredibili, sino a riprendere 100€ per ogni 1€ investito.
Il successo di questo ecommerce rispetto agli altri del settore farmacie sta nell’usabilità del sito ma anche nelle semplificazione delle politiche di sconto sulle spedizioni.
Che cosa hai imparato da questa esperienza? Hai notato dei cambiamenti rilevanti di mindset dell’imprenditore o della figura che segue le campagne e l’ecommerce?
La parola chiave per me è sicuramente “semplificazione”. Per migliorare il tasso e costi di conversione dobbiamo essere più chiari nelle pagine di destinazione o di prodotto.
Da questa esperienza abbiamo imparato che non necessariamente dobbiamo incontrare i nostri clienti di persona per poter vendere o, come nel mio caso, fare consulenza. I negozianti possono vendere online senza essere fisicamente vicini al proprio utente se comunicano con chiarezza e operano con trasparenza. Le email transazionali rendono la vita facile a chi acquista e migliorano l’immagine dell’azienda che vende.
Assistenza telefonica, presenza di una chat sul sito, video che spiegano il prodotto e presidio dei social network sono elementi fondamentali della customer experience per finalizzare l’acquisto).
In questo periodo, sugli ecommerce che lo prevedevano, abbiamo riscontrato un importante aumento dell’uso del metodo di pagamento in contrassegno. Quindi, gli store che disponevano di questa forma di pagamento, hanno vinto sugli altri.
Invece dal punto di vista strettamente dell’advertising online, sicuramente l’imprenditore ha spostato il focus dal dato di fatturato alle micro conversioni dando importanza all’acquisizione di nuovi lead, come: iscrizioni alla newsletter, nuovi follower sui social network, contatti da chat… Ovviamente tutto questo si può rendere scalabile con l’automazione.
Un parametro che prima della crisi si sottovalutava è la quota di impression degli annunci ovvero la quota di copertura. Questo dato mostra come ci sia stata una fetta di utenti che si è spostata dall’offline all’online.
Se una parola chiave viene cercata 100 volte e l’azienda viene vista solo 10 volte, quest’ultima ha una quota di copertura del 10%. Clienti che precedentemente avevano una quota di copertura del mercato alta, si sono visti ridurre il dato di copertura per via dell’aumento del traffico.
Il dato di copertura ci mostra come ci fosse una fetta di utenti nuovi che in quel periodo si era spostato online. Vuoi per una questione di budget molto alto o per un problema di scarsità di risorse a magazzino, a volte non si è potuto soddisfare la domanda. Quindi, in definitiva, gli imprenditori si sono resi conto che c’è margine di crescita in quel segmento/nicchia e quindi c’è necessità di presidio. Proprio in quelle settimane c’era timore che i piccoli ecommerce potessero rosicchiare questa fetta di mercato che i miei clienti stavano presidiando da lungo tempo con investimenti pay per click importanti.
Un altro dato rilevante per gli imprenditori è stato il parametro “Informazione sulle aste” per confrontare il rendimento. Su Google Ads c’è una scheda che fa vedere per determinati segmenti dove sono i competitor rispetto a me. Questo dato era particolarmente seguito durante il lockdown.
Cosa consiglieresti a chi vuole investire su Google?
Chi vuole investire su Google deve necessariamente pensare a come aumentare il traffico organico per migliorare il proprio posizionamento. Senza questo le campagne a pagamento non servono a molto.
Quando approcciamo un nuovo possibile cliente verifichiamo sempre quanto ampio è il suo catalogo prodotti e poi generalmente chiediamo quali sono i prodotti o le categorie di prodotto che vendono di più o che l’azienda sente più forte rispetto ai competitor (non solo per il prezzo, ma per disponibilità del prodotto o tempistiche di consegna più rapide, ad esempio). Quindi è sicuramente importante valorizzare i prodotti di maggior successo.
Per una questione puramente di budget non facciamo campagne su tutto il catalogo prodotti bensì su una o due categorie di prodotto. L’attività AdWords, Google Shopping e Google Display deve essere aggressiva su categorie dove pensiamo di ottenere migliori risultati.
Queste campagne ci permettono di fare traffico e di essere riconosciuti da un utente per determinate caratteristiche: convenienza prezzo, caratteristiche di prodotto, qualità e design….
Generalmente a supporto di queste attività a pagamento c’è poi l’attività di retargeting dell’utente che vogliamo far tornare sul sito dopo le prime visite al sito.
Quando cominciamo a vendere e a rientrare dell’investimento, allora aumento i prodotti da promuovere e il budget di investimento.
Che esperienza portiamo con noi per fare del nostro ecommerce uno strumento vincente?
Direi che questa esperienza straordinaria ci ha portato a vedere che cose che davamo per scontate come la logistica e il magazzino hanno influenzato la prestazione dell’ecommerce e anche le campagne a pagamento. Come accennato, alcuni dei miei clienti hanno rallentato campagne per la scarsità di prodotto in giacenza nei propri magazzini.
Inoltre, è interessante segnalare come gli accessi al sito da parte degli utenti si ripetessero con frequenza e su canali diversi in momenti diversi delle giornate presa in esame. Questo dimostra non solo che l’utente aveva tempo a disposizione per informarsi prima dell’acquisto ma che si muoveva su più canali di comunicazione prima di finalizzare l’acquisto. Da qui un maggiore interesse anche alle lead.
I social network sono stati un punto di contatto fondamentale del cliente con l’azienda. Anche per i clienti che non avevano campagne social ci sono stati aumenti di richieste contatto tramite chat Facebook. La chat di messaggi è stata utilizzata per fare domande su prodotti/servizi e monitorare la presenza e la vicinanza dell’azienda all’utente.
Nel prossimo futuro Google permetterà di effettuare un acquisto direttamente da Google Shopping senza entrare nel sito dell’azienda. La sezione shopping diventerà un marketplace e conterrà tantissime informazioni di prodotto come Amazon ci ha abituato. Ovviamente questo accadrà quando l’integrazione con il metodo di pagamento diretto sarà disponibile.